L'Informatica e il rinnovamento dell’architettura
‘Progettare oggi in queste aree implica una profonda riconsiderazione della città e del suo funzionamento e apre nuove strade di ricerca estetica ed espressiva’
‘ibridazione tra natura, paesaggio e tecnologia’
Non si sa come cambieranno le carte in gioco. Certo il movimento moderno non immaginava manco lontanamente che Jørn Utzon avrebbe cambiato le regole di fare architettura, così come loro lo cambiarono a suo tempo.
Certo è che ci troviamo in un momento della nostra storia dove l’informazione e la tecnologia stanno avendo la meglio. Ciò nonostante come la storia ha più volte dimostrato una crisi porta a un cambiamento e il cambiamento porta a una evoluzione. E questo gli architetti lo sanno bene. Ormai è dato per scontato che un edificio si tenga in piedi o che assolva alle sue funzioni. Ma quello che adesso si cerca è una narrazione, una racconto. E questo Gehry e Libeskind, solo per citarne due, lo sapevano benissimo quando andarono a realizzare le loro due opere più conosciute.
Ciò non vale solo per l’architettura, ma anche per la pubblicità. Le pubblicità di oggi danno per scontato che il prodotto funzioni e di conseguenza lo raccontano sotto un altro punto di vista.
Nell’articolo “Nuove sostanze. L’Informatica e il rinnovamento dell’architettura”, A.Saggio pone l’accento su come l’informazione influenza l’urbanscape, la comunicazione e lo spazio inteso come sistema.
Che significa? Significa che in un mondo dove l’informazione è diventata l’elemento chiave e dove le persone comunicano attraverso internet, la zonizzazione ovvero la suddivisione in zone omogenee, non è più pensabile in una società dove il melting pot ha la meglio.
Lo zoning non fa altro che limitare la possibilità di crescita.
‘Le aree dismesse rappresentano un campo fondamentale di opportunità’. L’ High Line rappresenta uno di questi. Certo, non si tratta di una area, ma di una infrastruttura che ha portato con se il recupero e la crescita di altre aree limitrofe.
A questo punto pongo l’attenzione su un nuovo centro dedicato alle arti visive, THE SHED, letteralmente ‘capannone’, inaugurato lo scorso 5 aprile a New York, come unione di questi elementi.
In un intervista Liz Diller dichiara:
“L’idea centrale di The Shed è la flessibilità […]. Non sappiamo come sarà l’arte del futuro, ma sappiamo che lo spazio è limitato. Dovevamo proteggerlo.”
Parole che sembrano presagire la fine di questa era dell’informatica.
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